Nel prosieguo dell’azione avviata per arrivare alla definizione del percorso di qualificazione degli operatori del “pest management”, giovedì 28 novembre scorso, rappresentata dal presidente Marco Benedetti, dal “responsabile della formazione” Lorenzo Toffoletto e dalla segretaria Rita Nicoli, ANID ha partecipato all’incontro sull’argomento tenutosi presso il Ministero della Salute a Roma.

La riunione, presieduta dalla Dott.ssa Francesca Ravaioli dell’Ufficio I – Affari Generali e Prodotti di Interesse Sanitario Diversi dai Dispositivi Medici, oltre ai funzionari Ministeriali di competenza, ha visto anche la presenza del Dr. Beniamino Caputo dell’Università “La Sapienza” di Roma, di Federchimica/ASSOCASA nella persona del Dr. Giuseppe Abello, dell’Ing. Ruggero Lensi per conto di UNI-Ente Italiano di Normazione, e di una delegazione di AIDPI.

Nella prefazione all’incontro, chiarendo da subito che la riunione non poteva che essere interlocutoria, la Dott.ssa Ravaioli ha esposto ai presenti in quale “cornice” si dovrà sviluppare il percorso in discussione, specificando altresì che la sua attuazione sarà di competenza della “Conferenza Stato-Regioni”.

Il dibattito, che si è dipanato in un clima di cordialità e collaborazione, si è focalizzato in particolare sulla determinazione di un quadro formativo complessivo che sia funzionale alla qualificazione degli operatori del “pest control”.

Su detta questione, forte anche dell’autorevole parere dell’Ing. Lensi di UNI-Ente Italiano di Normazione, il Ministero della Salute non ha convenuto con l’idea esternata dai delegati AIDPI, il cui abbozzo di proposta verteva nell’incardinare il “patentino” con lo standard UNI-EN 16636.

Tale norma volontaria, infatti, per quanto utile, è per sua natura inadatta alle specifiche esigenze, dato che riguarda in particolare i processi aziendali di erogazione dei servizi.

Dal canto suo, ANID ha invece ribadito l’importanza di ampliare la visione nel qualificare gli operatori, spostando il focus dal “pest control” al “pest management”.

Ciò è condizione irrinunciabile affinché il “patentino” non si limiti ad attestare la capacità di utilizzare dei formulati chimici, ma certifichi l’abilitazione a svolgere un’attività dove le conoscenze e le competenze richieste sono tali da renderla assimilabile ad una professione e non ad un mestiere.

In merito alla formazione poi, sulla base anche della grande esperienza acquisita in tanti anni nell’organizzazione degli stessi, ANID ha presentato al Ministero della Salute il percorso, in via di definizione con CEPAS-Bureau Veritas, per la certificazione delle competenze, suscitando con ciò vivo interesse ed apprezzamento.

Il Dr. Abello di Federchimica/ASSOCASA, pur ritenendo condivisibile l’intento di istituire una sorta di “abilitazione professionale”, ha posto tuttavia l’accento sulla necessità di individuare per alcuni aspetti i limiti in cui circoscrivere tale obbligo, e ciò per non vincolare inutilmente altre categorie.

Quanto svoltosi, quindi, si configura come il riavvio di un confronto con le Istituzioni da ritenersi assolutamente positivo e che sarà certamente foriero di concreti sviluppi, dato che l’obiettivo condiviso è di arrivare quanto prima all’indispensabile distinzione dei “P.C.O.” in regola, dagli operatori improvvisati o, peggio, dai falsi professionisti.