Nell'ambito della disciplina di gestione dei rifiuti uno dei problemi pratici più rilevanti è quello della loro corretta classificazione.

Il sistema di classificazione dei rifiuti trova la sua disciplina nell'art. 184 del Dlgs.152/2006, che li distingue, a seconda della loro origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, ed in ragione delle caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

Si ritiene utile riepilogare, seppur in sintesi, la procedura stabilita dalla vigente disciplina normativa per l'individuazione del corretto codice identificativo CER da attribuire ad un rifiuto. Tale disciplina è rinvenibile nella Parte Introduttiva dell'Allegato D al D.Lgs. 152/06.

A mente di tale norma l'identificazione di una qualsivoglia tipologia di rifiuto, mediante l'attribuzione del CER, è così riassumibile:

 

a) identificazione della fonte che genera il rifiuto consultando i Titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20;

b) se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto;

c) se nessuno di questi ultimi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16;

d) se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non specificati altrimenti) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata al punto a);

Come facilmente rilevabile da quanto precede, l'elenco armonizzato dei rifiuti è un elenco formato sulla base di un sistema che mira all'individuazione della fonte da cui origina il rifiuto che, considerata la molteplicità di possibili fonti di generazione, prevede necessariamente una serie di capitoli “generici” (13, 14, 15 e 16) e di codici “residuali” (99), ma solo per la codificazione di quelle tipologie di rifiuti per i quali la fonte di produzione non è nota o è di difficile categorizzazione.

Tuttavia la sola fonte di produzione, più esattamente dal processo di formazione del rifiuto, non è l'unico criterio di classificazione del rifiuto, ciò vale in particolare per i rifiuti pericolosi.

Questa particolare ipotesi si applica in quelle che sono definite “voci a specchio”. In sostanza si tratta di categorie di rifiuti per i quali il processo di produzione o le loro intrinseche caratteristiche non consentivano di per se di poterli qualificare quali rifiuti pericolosi. La loro pericolosità dipende pertanto esclusivamente dalla concentrazione di sostanza pericolosa da accertarsi caso per caso. Pertanto per questa tipologia di rifiuti esistono due possibili tipi di codice CER, così detti speculari, uno senza asterisco e l'altro con asterisco, a seconda della concentrazione delle sostanze pericolose.

Questa particolare tipologia di rifiuti presenta alcune problematiche, in ordine alla loro corretta classificazione.

Come detto perché possano essere considerati rifiuti non pericolosi è necessario che le sostanze pericolose siano al disotto della soglia prevista. Trattandosi però di un'eccezione alla regola della classificazione del rifiuto in ragione della sua origine o composizione, chi si vuole avvalere dell'eccezione deve poterla dimostrare, cioè supportarla da apposite analisi dello stesso rifiuto, che ne certifichino la loro non pericolosità. Per cui si può affermare che il rifiuto è pericoloso, salvo che le analisi effettuate dal produttore non dimostrino la loro non pericolosità1.

In sostanza, si deve evitare che rifiuti pericolosi siano gestiti e smaltiti con regole non appropriate e quindi determinino significativi problemi ambientali, pertanto possiamo presumere la loro pericolosità salvo certificazione contraria.

Si tratta di una regola fondamentale in quanto incide sul trattamento e in particolare sulle regole di gestione e di smaltimento del rifiuto, la cui violazione può comportare la contestazione dell'illecito penale di cui all'art. 256 comma 1 lett. b) di gestione di rifiuti non autorizzata.

 

QUESITO

Ditta individuale senza dipendenti socio ANID n°0337, dal 2013 la disinfestazione diventa attività principale, nel 2013 l'attività è stata esigua e tale da non produrre rifiuti di alcun genere, da quest'anno invece si produrranno come rifiuti i contenitori degli insetticidi, ho bisogno di sapere a quali obblighi legislativi/normativi sono tenuto a sottostare. RingraziandoLa per la cortese attenzione colgo l'occasione di porgerLe distinti saluti.

 

RISPOSTA

Le riporto di seguito un estratto riferito alla Sua cortese richiesta ricordandoLe che potrà avere le Linee Guida Gestione Rifiuti Gennaio 2014 facendo esplicita richiesta alla segreteria ANID.

 

Classificazione e luogo di produzione dei rifiuti

La classificazione deve essere fatta:

– presso il luogo di produzione con successivo trasporto su mezzi autorizzati oppure

– presso la sede aziendale del produttore se derivanti da attività di manutenzione (art. 266 co.4 del TUA) o se, nel caso dei contenitori, viene effettuato il completo svuotamento degli stessi e pertanto la produzione del rifiuto (contenitore vuoto) al fine servizio presso la sede aziendale.

 

N.B. si consiglia di attenersi alle indicazioni del presente documento fermo restando la verifica preventiva della fattibilità dello smaltimento del rifiuto con il codice CER scelto.

 

Deposito temporaneo rifiuti

Il deposito temporaneo deve essere eseguito per codici CER omogenei.

NellagestionediundepositotemporaneodevonoessererispettateleprescrizionirelativealdivietodimiscelazionedirifiutipericolosiprevistidalD.Lgs. 152/06 (TUA).

Perildepositotemporaneodevonoessererispettatelerelativenorme tecniche,nonché,peririfiutipericolosi,lenormechedisciplinanoildepositodellesostanzepericoloseinessicontenute. Per ogni codice CER identificato deve essere predisposto un apposito contenitore di stoccaggio per il deposito temporaneo. Ilcontenitoredovràesseresceltoinmodoappropriatoinbasealvolumeealtipodirifiuto,l'imballaggiodellesostanzepericolosedevesoddisfarelecondizioni richieste dal D.Lgs. 3 Febbraio 1997 n.52 e smi.

Ildepositotemporaneodeveavvenirenelrispettoditempi/quantitativi massimi,inparticolare,l'avvioversolesuccessiveoperazioni(smaltimento o recupero)puòavvenireasceltadelproduttoreunicamentesecondounadelleseguentimodalitàalternativetraloro:

  • criterio temporale: il conferimento dei rifiuti a terzi avviene con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
  • criterio volumetrico: il conferimento dei rifiuti a terzi avviene quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.

In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi il predetto limite volumetrico, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno. E’ importante ribadire che il limite volumetrico si riferisce alla somma dei volumi di tutti i rifiuti in deposito.

Il superamento delle condizioni sopra indicate configura un deposito incontrollato di rifiuti (sanzionabile) o uno stoccaggio che necessita di una specifica autorizzazione.

 

Adempimenti amministrativi

Sono essenzialmente i seguenti:

– iscrizione al SISTRI (produttori rifiuti pericolosi con oltre 10 dipendenti)

– registrazioni dei carichi / scarichi entro 10 giorni dalla produzione/conferimento (o con le tempistiche previste dal SISTRI)

– dichiarazione annuale MUD

 

Contenitori primari di prodotti insetticidi o rodenticidi

INDICAZIONE ANID

CER 150110* imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze.

 

SOLUZIONI ALTERNATIVE DA VALUTARE DALL'AZIENDA

Esclusione dai rifiuti pericolosi tramite specifica analisi chimico-fisica su campione rappresentativo da effettuarsi previo ogni conferimento e comunque entro i termini del deposito temporaneo dei rifiuti. CER da definire nella suddetta analisi.

 

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • La classificazione dei rifiuti: i rifiuti pericolosi nel sistema del T.U. ambiente – Codici a specchio di Rosa BERTUZZI. Estratto dalla pubblicazione lexambiente.it.

1. Sentenza della Cassazione Penale , Sez. III, n. 10937 del 8 marzo 2013